La demonizzazione della didattica online a cui stiamo assistendo negli ultimi giorni, personalmente parlando, non solo è sbagliata e pericolosa, ma rischia di ampliare ulteriormente il gap di competenze digitali che abbiamo come paese e di far passare il messaggio che "tutto quello che si fa online abbia meno peso di quello che si fa offline, vale meno". E questo approccio rischia di avere ricadute devastanti sia sul presente dei ragazzi che sul loro futuro lavorativo. Da circa 5 anni, non senza fatica, tutte le aziende, grandi o piccole che siano, stanno cercando di implementare lo metodologia di lavoro agile, meglio nota come smartworking, andandosi a scontrare, non solo con una normativa vecchia e surclassata, ma soprattutto contro i classici pregiudizi italiani del "se non sei fisicamente in ufficio, tendenzialmente non stai lavorando". Pandemia e lockdown, hanno di fatto obbligato anche le scuole, a tutti i livelli, a intraprendere lo stesso identico percorso di digitalizzazione, facendo così emergere tutta l'arretratezza tecnologica delle diverse offerte formative e dei docenti stessi, spesso impossibilitati a tenere una docenza online in quanto, sprovvisti di pc, di connessioni veloci o addirittura incapaci di configurare una webcam su teams. Le ricadute sull'esperienza dell'offerta formativa rischiano di essere davvero devastanti e di creare un ulteriore danno a ragazzi e famiglie già ampiamente provati dal periodo che tutti noi stiamo vivendo.
Come sempre accade in questo paese, quando si parla di innovare e/o digitalizzare, lo si pensa e applica sempre a livello hardware (banda larga, frequenze, velocità, FTTH, 5G) e mai a livello software (competenze, formazione, vantaggi, opportunità). Di conseguenza, le buone idee che vengono partorite a livello legislativo (si pensi al bonus pc legato alla connessione a banda larga), vengono percepite spesso talmente male, da generare l'effetto opposto ("ennesimo regalo alle big company per continuare ad arricchirsi" è uno dei pensieri predominanti sui social e più in generale in tutto l'universo digitale) quando invece basterebbe ragionare sulla necessità di avere oggi connessioni con velocità superiori ai 30mb/s per svolgere qualsiasi operazione, sia anche mandare una mail. Eppure basterebbe guardare un po' di dati, per capire che il nostro problema non è tecnologico/infrastrutturale, ma umano. Semplicemete non abbiamo le competenze necessarie per sfruttare tutto quello che a livello tecnologico ci viene messo a disposizione. Non a caso siamo quart'ultimi nell'indice Digital Economy and Society Index, lo strumento che la Commissione Europea adotta dal 2014, per misurare il grado di digitalizzazione nei 28 paesi membri.
E addirittura ultimi assoluti a livello Europeo per competenze digitali di base e avanzate. Si stima infatti che soltanto il 42% degli italiani tra i 16 e i 74 anni possieda competenze digitali di base (58% in Ue) e solo il 22% dispone di abilità avanzate (33% in Ue). Tradotto in numeri, significa che 15 milioni di italiani utilizzano internet avendo compentenze basse o nulle. E attenzione, non sto parlando di essere hacker o geni dell'informatica, tra le compentenze di base sono considerati paremetri quali ad esempio, navigazione base, installazione di un programma, configurazione di un device e via discorrendo (operazioni che nel 90% dei casi, vengono svolte in maniera autonoma del sistema operativo, attraverso ad esempio la tecnologia "Plug 'n Play" nel caso delle periferiche).
Per quanto riguarda la didattica a distanza, i toni con cui viene trattata, tendono ad enfatizzare sempre e solo ed in maniera sommaria, gli aspettivi negativi, senza mai provare a mettere in risalto quali possano essere i reali vantaggi che un'offerta formativa realmente strutturata per essere usfruita a distanza possa avere. Si enfatizza sempre di come possa aumentare le disuguaglianze sociali, senza mai però fare riferimento al fatto che spesso, alcune disuguaglianze, siano frutto di una miopia didattica. Ovviamente non si parla mai di come, l'informatica, a partire dall'utilizzo base del pc, sia quasi sempre assente dai principali piani didattici e di come, il suo insegnamento, venga completamente demandato ai genitori; genitori che magari avrebbero anche le compentenze e le conoscenze per supportare e educare i propri figli, ma non è detto che le sappiano spiegare e, appunto, insegnare. Sembra paradossale, eppure, nonostante viviamo in un mondo, che viene da più parti, classificato, come un modo iperconnesso e digitalizzato, quasi nessuno, in Italia, tenti di affrontare i temi legati all'educazione informatica e all'educazione digitale. Salvo poi, gridare allo scandalo quando saltano fuori "strani" gruppi WhatsApp, social challenge mortali e fantasiose ricostruzioni alla Jonathan Galindo, con il classico qualunquismo italiano "Purtroppo oggi i ragazzini a 12 anni, nonostante le resistenze di noi genitori, hanno già il loro smartphone e vari profili social ma sono esposti a pericoli di questo tipo". Come se smartphone, internet e canali social avessero vita propria e istigassero in maniera autonoma i più piccoli a usarli, e a usarli male, tra le altre cose. Curiamo ogni aspetto della crescita dei nostri figli, alimentazione, educazione, comportamenti, forma fisica, inglese e via discorrendo, ma non spendiamo neanche un minuto a spiegare loro come si usa un pc, come si naviga, e come lo si fa in sicurezza e a cosa bisogna prestare attenzione. Da più parti si strilla "privacy, big data, furto dei dati, identità digitale" in maniera tanto confusa quanto spesso inesatta e ciò porta spesso a mitizzare documentari stile "The Social Dilemma" che non fanno altro che continuare a dipingere internet, i social e le big Tech Company come il male assoluto. E pensare che l'educazione digitale dovrebbe essere alla base delle moderne offerte formative, onde evitare di continuare ad alimentare le disuguaglianze informatiche che noi italiani abbiamo nei confronti degli altri paesi. Il tutto condito spesso da una certa riluttanza dei genitori ad accompagnare i loro figli in un percorso di educazione digitale.
E' ovvio, la lezione in presenza è sempre da preferire, in quanto favorisce sicuramente lo sviluppo della socialità; ma in un momento delicato e particolare, come quello che stiamo vivendo, la didattica a distanza o comunque mista, può essere una tra le soluzioni più efficaci per consentire ai ragazzi più grandi di continuare a fruire di quel percorso meraviglioso che è la scuola dell'obbligo. Ciò consentirebbe inoltre ai bambini più piccoli, diciamo fino alle scuole medie, di frequentare fisicamente le scuole. Loro si che avrebbero reali e oggettive difficoltà a seguire le lezioni online e dovrebbero essere seguiti da almeno un genitore, che di fatto, sarebbe impossibilitato a lavorare.
Certo, se la didattica online, si trasforma in una mera trasposizione digitale di una lezione frontale, l'attenzione dei ragazzi durerà giusto il tempo dell'appello. E' ovvio che un approccio tradizionale non può generare coinvolgimento e suscitare attenzione nei ragazzi; stesso discorso dovrebbe valere per gli orari di fruizione della lezione: è impossibile costringere i ragazzi a stare per 5/6 ore continuative, incollati ad uno schermo e pretendere che abbiano sempre lo stesso livello di attenzione e di partecipazione. Così come avviene con tutte le strategie di comunicazione, si dovrebbe cercare di adattare la lezione e l'offerta formativa al mezzo e al canale, per cercare di offrire una esperienza didattica che sia il più possibile tarata sulle reali necessità del target cui si rivolge. A fronte di una lezione ordinaria, fruita online, immagino quale potrebbe essere la mia reazione: registrazione audio/video attivata per fruire la lezioni con un minimo di buffer (adducendo problemi di connessione) per evitare di perdere le domande a sorpresa e Football Manager aperto in finestra per provare a portare il Catanzaro Calcio dalla Lega Pro sul tetto d'Italia, d'Europa e del mondo.
Si potrebbe ad esempio, pensare di integrare i testi classici cartacei, con documentari esperienzali, video testimonianze storiche: immaginate di far fruire il racconto delle Bucoliche, con il celebre incipit "Tityre tu patuale tyre, tu patulae recubans sub tegmine fagi silvestrem tenui Musam meditaris avena" direttamente dalla ricostruione digitale della voce di Virgilio. Integrare la lezione frontale di 45/50 minuti, con cicli di lezioni di "ricerca delle informazioni" e "verifica delle fonti" così da far capire ai ragazzi come muoversi all'interno dei principali motori di ricerca, e magari far vedere loro, come ricerche uguali possano dare luogo a risultati diversi. Provare a integrare meccaniche di gamification, attraverso ad esempio verifiche gioco lampo, sfruttando piattaforme ad hoc, in stile Kahoot. E ovviamente integrare tutta l'offerta con uno studio serio dell'informatica, per fornire agli studenti le competenze digitali necessarie per affrontare con serenità e tranquillità la dad, apprezzandone il valore e magari contribuendo a migliorare costantemente il processo con feedback precisi e puntuali. Educare i ragazzi, che la dad di oggi potrebbe diventare una metodologia di lavoro domani, far capire loro che è possibile ipotizzare un futuro (per non dire presente) dove lavorare non vuol dire necessariamente "andare in uffcio", che fare una lezione online o una riunione online ha la stessa identica valenza di quelle offline.
Alla luce della pandemia in corso e della necessità di garantire al tempo stesso un adeguato livello di istruzione ai nostri ragazzi, dobbiamo necessariamente cogliere la palla al balzo e innovare. Abbiamo l'opportunità di insegnare ai nostri ragazzi che internet e i social, non sono solo luogo di cazzeggio, ma possono essere un luogo di formazione e informazione. Abbiamo la possibilità di aprire le loro menti, facendogli usare sistemi operativi diversi, facendogli apprezzare la facilità di Windows e di MacOS, la maturità raggiunta da ChromeOS, senza dimenticarci la straordinaria potenza e flessibilità offerta dalle varie distro Linux. Far capire loro che nessun sistema operativo è esente da falle e che tutti sono ugualmente vulnerabili. Fargli apprezzare le infinite alternative open source, in alcuni casi migliori dei programmi più blasonati. Fargli prendere consapevolezza che scaricare un programma via torrent e patcharlo con un crack russo, non solo è illegale, ma mette seriamente a rischio tutto quello che viene fatto sul pc (inclusa la semplice digitazione). Renderli eclettici nell'approcio alle novità (diversi sistemi, diverse interfacce) e alla tecnologia in generale, come mezzo a nostra completa disposizione, che aspetta solo un nostro comando. Far apprezzare la potenza della suite Office, insegnare loro come identificare le mail spam, Provare a raccontargli come è diventato praticamente semplicissimo creare un sito web (Wordpress), cosa sono e come funzionano i social network e come utilizzarli responsabilmente, facendo capire quali potrebbero essere le conseguenze di un uso errato. Spiegare come sia quasi tutto governato da set di istruzioni matematiche, anche con esempi banali (jpeg, mp3, file zip - sono semplici applicazioni della Trasformata di Fourier - magari questo passo citiamolo solo allo scientifico va). E infine far toccare loro con mano come è fatto un pc, farglielo smontare e raccontare tutto (dalla cpu, alla ram, passando per heatpipe e dissipatori), giusto per far capire come anche un computer un po' datato, con qualche piccolo upgrade può continuare ad essere un fido compagno di viaggio. Incuriosirli a sperimentare e testare, date le infinite possibilità offerte dalla tecnologia moderna, raccontargli quale sorprese ci riserverà il futuro (assistenti vocali, domotica, realtà aumentata, E-sports). Renderli insomma consapevoli del mondo in cui vivono (tecnologicamente parlando) con radicate competenze digitali sia di base che avanzate. Renderli consapevoli del fatto che il miglior antivirus, rimane sempre l'utente consapevole, che non bisogna mai fermarsi al primo risultato che si trova, che va comunque messo in discussione, anche se lo dice Google; che prima di condividre un qualcosa, bisogna sempre prestare attenzione a quello che si sta condividendo. Raccontargli di come e quanto sia democratica la rete, dato che è sempre l'utente a decretare il successo o meno di un programma, di un social network o di un algoritmo, mai il contrario.
Ovviamente quanto sopra detto dovrebbe valere anche come percorso di formazione e aggiornamento per i docenti, dato che dovrebbero essere loro a guidare e progettare tutto il percorso di apprendimento dei ragazzi. E sono sempre loro a dover riprensare a come rendere più stimolante e interattiva una lezione (e no, non sto parlado di preparare 4 slide in più). E non raccontiamoci la solita storia dell'età: non regge. Mio padre, un baldo giovane di quasi 70 anni, non è un nativo digitale, eppure continua ad essere uno dei miei punti di riferimento per Excel gli ho visto "pivottare dei dati" che voi umani..... Far evolvere l'insegnamento per renderlo più adatto alle esigenze moderne, specialmente in tempo di Covid, avrebbe delle ricadute positive non solo sulla capacità dei ragazzi di sentirsi "confident" nell'utilizzo quotidiano di pc/internt/social, ma anche sul loro percepito della didattica a distanza, da vivere non come una privazione della libertà, ma come occasione da sfruttare per riuscire finalmente a colmare quel gap di competenze digitali nei confronti degli altri paesi europei. Benifici che avrebbero impatto positivo anche sui genitori, che vivrebbero la digitalizzazione dei loro figli in maniera sicuramente più serena (e magari anche più consapevole) e su tutti noi: basti pensare quali effetti benefici produrrebbe nella lotta alle fake news, alle echo-chambers e a tutti quei fenomeni di challenge, truffe e furti d'identità digitali, tipici del nostro tempo. Ovviamente senza dimenticarci del loro portafoglio, è impensabili, oggi, avere docenti motivati a innovare, sperimentare, formarsi, con uno stipendio netto di €1.000. Riportare la scuola al centro del futuro dei nostri figli, significa anche retruibire e incentivare correttamente, le persone a cui affidiamo il presente e un pezzo di futuro dei nostri figli, ridando il giusto lustro alla figura del maestro oggi troppo spesso bistrattata e sottovalutata.
Far prendere consapevolezza dei mezzi e delle tecnologie che governano la maggior parte dei prodotti che utilizziamo giornalmente è l'unico modo che abbiamo per provare a costruire delle difese, altrimenti si avrà sempre la sensazione di essere in balia della tecnologia e degli algortmi.