Se ripenso alla mia faccia il 31/12/2019 alla scoccare delle mezzanotte, mi verrebbe quasi da dire "ehi tu pirla, cazzo ti festeggi!". Nessuno avrebbe mai potuto immaginare tutto quello che ci avrebbe riservato il 2020, quanto sarebbe stato lungo, difficile e complicato.
E pensare che l'inizio, diciamo tutto il mese di gennaio, non era partito affatto male, anzi. Alice finalmente riusciva ad avere interazioni sociali a scuola, dopo un inizio un filo turbolento al suo primo anno di nido. Lavorativamente parlando, dopo un anno di apprendimento stavo iniziando non solo a tessere relazioni sociali, ma anche a capire perfettamente flussi e processi interni di una grande azienda. Progetti di viaggi familiari, vacanze sulla neve, tempo per me, la mia famiglia milanese e la mia famiglia calabrese. Insomma, tutto sembrava procedere per il verso giusto.
Poi è arrivato febbraio, niente sarebbe stato più come prima. Un susseguirsi di notizie altalenanti, i primi casi in Italia, la sensazione che si tratti di una semplice polmonite, gli spot #milanononsiferma, la sospensione delle attività didattiche in presenza di tutti gli ordini e gradi, lo smartworking obbligatorio. E infine, la presa di coscienza: non si tratta di una semplice polmonite. Anche noi italiani inziamo a familizziare con i concetti di mascherina, covid-19, pandemia, focolai (Codogno). E infine, era il 9 marzo 2020, lockdown totale fino a nuova comunicazione.
In trentasette anni, è la prima volta, per me come per molti, che le libertà di base vengono completamente annullate e di fatto si viene obbligati a restare a casa, salvo motivi di necessità. Una situazione nuova, mai vista e vissuta in precedenza, con il duplice problema: io e Franci abbiamo la fortuna di poter continuare a lavorare, ma al tempo stesso dobbiamo riprogettare interamente la giornata di Alice: niente scuola, niente parco, niente tata, niente uscite, niente amici e purtroppo niente fratellini/sorelline. Niente di niente e da qui la domanda: considerando che non possiamo pretendere che una bimba di neanche 3 anni giochi tutto il giorno da sola e non è assolutamente pensabile lasciarla tutto il giorno a guardare i cartoni, cosa le facciamo fare? Fortunamente (o sfortunamente se lo chiedete a lei) i primi mesi di lockdown, sono stati totali anche per mia mamma, rimasta intrappolata qui a Milano (vengo a trovarvi qualche giorno, era stata la premessa). Dopo mille peripezie è ripartita, stremata, il 28 maggio 2020.
Ma come sempre accade, tendo sempre a guardare gli aspetti positivi di tutte le situazioni. La prima riguarda proprio la famiglia, gli amici e gli affetti più cari. Mai dare per scontato nulla, neanche un abbraccio, una cena o una pizza o una semplice telefonata. Il 2020 mi ha fatto capire questo. Nonostante le mille difficoltà sono riuscito comunque a mantenere un minimo di relazioni sociali e a instaraurarne di nuove. Certo, grande merito va dato alla tanto bistrattata tecnologia: Zoom, Teams, Skype, Facetime e WhatsApp sono diventanti ulteriormente benedetti. Nonostante tutto non vedo fisicamente mio padre e mio fratello da un anno, e mi mancano entrambi moltissimo.
Ho avuto la fortuna di sperimentare il vero smartworking, quello fatto interamente da casa, con orari spesso strambi (mattina presto o notte fonda, in base alla giornata di Alice). E ho capito che non solo mi piace, ma riesce a darmi maggior senso di appagamento, in quanto riesco ad avere tempo da dedicare a mia figlia e alla sua crescita, senza ovviamente trascurare lavoro e tutto il resto. Ma che non vorrei diventasse il mio unico modo di lavorare, troppo alienante per certi versi e molto poco formativo a livello interpersonale. Ho capito quanto sia fondamentale avere un cortile/giardino condominiale, tra aprile e maggio, vero e unico parco giochi di Alice. Senza sarebbe probabilmente andata peggio, molto peggio.
Il prepotente risveglio della mia anima nerd, sopita in qualche modo dal 2017 in avanti. Sono tornato a scrivere codice, a sviluppare siti, a fotografare (da casa ma pazienza) a scrivere su reddit e su diversi forum, ritrovando tantissimi amici, virtuali e non. Sono finalmente riuscito a comprare un Pixelbook e il monitor (tre anni di corteggiamento nel primo caso, quasi due nel secondo). Ho scoperto la bellezza di costruirsi una postazione da lavoro in casa, comoda e funzionale, che mi consenta di lavorare di giorno e divertirmi di notte.
Ho riscoperto il piacere della scrittura e della lettura: negli ultimi tempi mi ero focalizzato solo ed esclusivamente sul leggere attualità e roba tecnologica o comunque legata al mio lavoro (marketing, dati, consumatori). Ho capito che la vita frenetica di Milano è bella, bellissima, ma fino ad un certo punto. Per certi aspetti ti risucchia in un vortice fatto di lavoro, lavoro, lavoro, aperitivi, cene, serate e via discorrendo. E ti impone farlo in maniera frenetica, senza riuscire a farti apprezzare quasi nulla.
Il mio augurio per il 2021 è esattamente questo, di riuscire ad avere tempo o forse a gestirlo al meglio. Tempo per me, per le mie passioni, per la mia famiglia e per mia figlia. Tempo per crescere, lavorativamente e non, tempo per migliorare e continuare a studiare. Ma soprattutto tempo per tornare a viaggiare, a visitare posti e conoscere persone e culture diverse. E ovviamente tempo per tornare a casa e poter finalmente riabbracciare i miei genitori e mio fratello e magari andarci a fare un giretto in barca con annessa pescata.
E poi ci sei tu, ti auguro un 2021 più facile. Fatto di scuola, parco, amici e giochi, risate e pianti, esperimenti e conquiste. Sei stata rinchiusa in casa per circa quattro mesi, senza contatti sociali con coetanei per quasi otto, se si esclude l'estate e qualche sporadica possibilità di vedere i nostri amici. Mai un lamento, mai un capriccio (vabbè qalcuno sì, ma ci sta). Mentre il mondo provava a ripartire, discoteche incluse, tu continuavi a essere quasi ignorata, dato che l'unica libertà concessa era quella di andare al parco, le scuole e l'istruzione in questo paese non sono quasi mai in cima alle priorità. Nonostante questo tu hai continuato a ridere e farci ridere, come a voler ribadire, che alla fine, ha da passà 'a nuttata.